Il nuovo lavoro del regista Robert Zemeckis è basato sull’omonimo pluripremiato fumetto di Richard McGuire, ed è un affascinante viaggio nel tempo. Utilizzando un’unica stanza come ambientazione, con un’inquadratura fissa, il regista scorre avanti e indietro nel tempo e cattura in “vignette” l’incantesimo inebriante di momenti di vita quotidiana in quel preciso punto nel corso degli anni.
Per questa sua sperimentale opera Zemeckis ha riunito la squadra vincente dietro Forrest Gump (1994). ovvero lo sceneggiatore Eric Roth, il compositore Alan Silvestri e gli attori Tom Hanks e Robin Wright.
In un angolo del pianeta Terra che ancora non ha nome, una pioggia di meteoriti stermina i dinosauri, successivamente vediamo crescere una foresta, un cervo sfugge con un balzo alle frecce di un cacciatore indiano, dopodiché gli alberi vengono abbattuti e compare una strada… il tempo passa ma noi rimaniamo lì ad osservare. Viene costruita una casa, sotto l’occhio immobile della telecamera passano generazioni di abitanti, coppie si formano e si sciolgono, nascono bambini, muoiono anziani, in un brioso disordine di epoche. Gli strati del tempo si spiegano tra le pareti del salotto, attraverso la finestra dalla quale possiamo vedere, dall’altra parte della strada, un imponente edificio coloniale. La stanza è luogo di testimonianza da cui guardare la Storia, fuori come dentro.
Here è un film che celebra la bellezza della vita attraverso gli occhi di diversi personaggi, tutti legati da un luogo magico e indimenticabile. In questo angolo speciale del mondo, le loro vite si intrecciano e la storia si dispiega attraverso le generazioni, rivelando con delicatezza l’essenza più pura dell’esperienza umana. Il tempo che passa, considerato in modo non cronologico, è il concetto chiave di questo adattamento.
Zemeckis trasferisce il linguaggio della vignetta sul grande schermo come nessuno aveva mai fatto prima, utilizzando transizioni ingegnose e scene brevi e dirette – quasi teatrali – per spremere al massimo le possibilità narrative di un ambiente limitato.
La vita e la morte sfilano in poco più di un’ora e mezza, raccontando i piccoli momenti della routine quotidiana, esaltando i momenti familiari condivisi come le feste, i momenti di crisi e felicità. Vediamo sogni e desideri nascere, crescere e morire. Temi comuni a ogni narrativa tradizionale che si rispetti.
Siamo di fronte a un’opera originale e innovativa, l’AI usata per il ringiovanimento dei protagonisti è molto accurata anche se a tratti poco convincente, ma a livello narrativo il film potrebbe non riuscire a coinvolgere completamente il suo pubblico. Ci sono troppi personaggi, troppe trame, troppi elementi e momenti nella storia che vengono mostrati e poi abbandonati troppo velocemente; perché ciò che interessa al regista è principalmente la storia della famiglia Young, che inizia con Al (Paul Bettany) e Rose (Kelly Reilly) per poi proseguire con Richard (Tom Hanks) e Margaret (Robin Wright). Un vero peccato perché alcune delle linee temporali secondarie che vengono mostrate e poco esplorate appaiono più interessanti della linea principale. Il risultato è un film sicuramente affascinante, tecnicamente meraviglioso, ma che lascia la sensazione di non aver sfruttato a pieno il suo potenziale. Se inizialmente si rimane estasiati dalla tecnica visiva, pian piano l’incanto svanisce. Tecnicamente e visivamente siamo di fronte a un film ineccepibile, ma la canonicità della storia principale alla lunga non incanta più e risulta la parte meno interessante del film. Forzatamente strappalacrime, la storia della famiglia Young relega il resto a mero riempitivo. La sensazione che rimane è quella di aver visto un film ottimamente studiato e recitato, tecnicamente impeccabile, ma con poca sostanza.
A cura di Cinzia Zagato per Global Story Telling