Una regista (Maria Grazia Cucinotta) nonostante le difficoltà che le si pongono davanti prova a girare un film. Peccato che realtà e fantasia finiscano per scontrarsi continuamente l’una con l’altra fino a raggiungere una sconcertante simbiosi.
Il thriller messo al centro, anzi varie forme di creare suspance ma in modo sempre differente. A volte buffo e visto con leggerezza e tanta ironia così da rendere il film una black comedy a tinte noir. La peculiarità sta tutta nel voler creare un prodotto meta-cinematografico dove realtà e fantasia vivono negli stessi spazi e momenti scambiandosi il posto e confondendo piacevolmente lo spettatore.
Tutti gli attori e attrici presenti sono vere e proprie icone del cinema italiano a partire dal regista Pierfrancesco Campanella ma con volti peculiari e inusuali per questo genere quali la protagonista Maria Grazie Cucinotta e Franco Oppini. Tante personalità destinate a essere comparse, carnefici, vittime di una pellicola a episodi tanto differenti tra loro ma che vengono unite da un filo sottile di violenza prevalentemente sulle donne ma senza farne facili moralismi. Si passa dal surrealismo ai toni del giallo classico, il complottismo più inquietante fino all’horror più puro per dare un maggior senso di movimento alla vicenda e toccare toni differenti attraverso questo stile a episodi che solitamente viene usato, almeno in Italia, solo per la commedia.
Ne viene fuori qualcosa di imperdibile per i cinefili più appassionati amanti di un cinema che in Italia si produce sempre meno ma che viene ricordato con piacere e nostalgia. Il colpo di grazia, in senso positivo e non solo sanguinario, viene dato poi da un finale originale che rivela la struttura concentrica di quello che abbiamo appena visto e ne libera un significato di film dentro il film con tanto di piccole ma efficaci critiche (non) velate a un certo modo di fare sensazionalismo e cavalcare il successo.
Andrea Arcuri