Greta Scarano centra l’obiettivo di un film che intrattiene, fa divertire ma, al contempo, accende un faro mettendo al centro dell’ attenzione una malattia che il più delle volte viene gestita soltanto dall’ amore dei genitori che, con spirito di abnegazione, crescono un figlio disabile come se fosse sempre un neonato.
Accudenti e amorevoli ma anche soffocanti.
Quando la vecchiaia è un treno che sopraggiunge di corsa rischiando di stravolgere tutto il “dopo di noi” è un testimone scomodo che si passa ai fratelli o alle sorelle. Un’eredità pesante che mette in crisi i rapporti e getta anche nello sconforto chi deve accollarsi questa responsabilità pesante temendo, a torto o a ragione, di non riuscire a trovare un punto di equilibrio fra sano egoismo e amore fraterno.
Matilda De Angelis interpreta Irene, unica sorella di Omar (un bravo Yuri Tuci alla sua prima apparizione sul grande schermo). È un uomo di 40 anni affetto da autismo, sebbene lieve, considerato da tutta la famiglia come un bambino da accudire in tutto e per tutto.
Quando Irene tornerà a casa per coprire un periodo di assenza dei genitori sarà per entrambi l’occasione per conoscersi meglio, approfondire il rapporto ma soprattutto cercare di superare le difficoltà, cercando di diventare tutti più adulti. L’ adulto che per definizione è autonomo e indipendente ma non è solo questo. È soprattutto colui che sa elargire assistenza ma anche chiedere aiuto, per non soccombere a sua volta. Un film che, pur mantenendo per la sua intera durata, i toni della commedia, scanzonati e leggeri sa regalare allo spettatore una storia che dispensa tante risate, un pizzico di riflessione ma anche la giusta dose di emozione. Greta Scarano, alla sua prima prova registica, convince e si dimostra brava firmando un’opera che con poco riesce a restituire molto. Tratto da una storia vera, toccante ed esemplificativa, nella sua semplicità. L’ unione di due fratelli che si vogliono bene al di là degli ostacoli che la vita ha posto loro di fronte.
Il merito maggiore del film è l’ essere riuscito a raccontare una storia complessa attraverso la lente leggera della commedia riuscendo ad evitare il rischio di banalizzare o sminuire una disabilità ma facendone invece qualcosa di prezioso da valorizzare.
Virna Castiglioni per Global Story Telling