A Palmi, una piccola cittadina della Calabria, Don Vincenzo, geniale agricoltore in pensione, ha un’idea folle per risollevare la squadra di calcio: organizzare una raccolta fondi per ingaggiare Etienne Morville, giocatore di Serie A, dal pessimo carattere, ma tra i più forti al mondo. Il ragazzo lascerà Milano per trasferirsi a Palmi e provare a risanare la sua immagine e dove troverà una realtà fatta di sincerità, che porterà tutti a vivere un’esperienza indimenticabile.
I Manetti Bros raccontano della vita di un piccolo paese in maniera differente da altri colleghi del settore; non siamo nel mezzo di sobborghi malfamati, non vediamo tipici scontri di violenza o resa dei conti e non è la mafia a comandare. Al centro viene messo lo sport e come viene vissuto in certe piccole realtà per raccontare di come la vita stessa proceda con ritmi lenti e basati su aspetti semplici lontani dall’iper velocità delle grandi città e dalla necessità di essere sempre al top in un mondo dove conta solo arrivare in alto. Lo spesso gioco del calcio viene reso e messo in scena tramite questo forte contrasto dove ad ogni allenamento segue una pizzata tutti insieme, i giocatori sono intercambiabili nei ruoli e l’entusiasmo sta tutto nel riuscire a vincere una manciata di partite. i registi Marco & Antonio hanno anche l’ardire e la dichiarata intenzione di non usare il Sud solo come fonte di infiniti cliché, prese in giro e tante macchiette (altra differenze con il classico cinema) bensì di far venire fuori un mondo che non è fatto di ignoranti poco acculturati bensì di persone che conoscono bene come funziona il mondo già dai tempi della Magna Grecia con accenni alle forme più alte delle grandi arti come la filosofia e la poesia.
Bisogna essere sinceri e realistici nell’affermare che alcuni aspetti che spaziano dalle battute facili verso un ambiente più povero e al riconoscere certi comportamenti tipici di quel mondo sono presenti perché è tutto sommato fanno ridere ed è inutile offendersi di una certa tendenza a portare avanti e sfruttare i luoghi comuni, in fin dei conti lo facciamo tutti. Piuttosto in maniera molto più sfacciata e neanche tanto sottile, gli aspetti che vengono fuori come malsani e corrotti sono le società sportive più quotate, i grandi sponsor che ci mettono poco a cambiare opinione e l’importanza dell’immagine ad ogni costo per poter essere “il proprio business prima ancora di un calciatore”.
“U.S. Palmese” è la storia di una piccola comunità che si unisce per un obiettivo comune anche rinunciando ad altri più onorevoli (vedi la costruzione di un Ospedale) perché in fin dei conti tutti vogliamo un attimo di celebrità e soprattutto di felicità anche se questo significa non fare la miglior figura perché legata ad aspetti effimeri. E’ anche la storia della redenzione di un uomo che ritrova le sue umili origini ma senza quel l’iperbole di assoluta correttezza nel diventare emblema di maturità e correttezza. Il film è certo una bella favola ma non priva di realismo che significa ricordarci siamo pur sempre esseri umani facili alle tentazioni e pieni di difetti.
Parlando dell’aspetto tecnico i Manetti Bros dimostrano ancora una volta che non basta raccontare una storia bella e di stampo universale ma è il modo in cui la si racconta a fare la differenza. Riempiono così il film di aspetti estetici non lineari con piccoli accenni a divagazione cartoonesca con la semi soggettiva del pallone, incursioni disegnate e la sospensione del tempo tra sguardi infiniti. Ad un primo impatto potrebbero essere visti quasi momenti fuori luogo, semplici esercizi di stile ma a ben vedere rimangono exploit coerenti con le intenzioni cioè raccontare una favola che sa di essere inverosimile (perché mai un calciatore di tale importanza andrebbe davvero in una piccola realtà!) e quindi sa anche di non doversi prendere troppo sul serio consapevole dei suoi limiti. Potrebbe anche lasciare insoddisfatti o sorpresi il fatto che la tipica comicità del duo di registi (in realtà neanche tanto presente nella trilogia dedicata a “Diabolik”) viene messa da parte quasi totalmente e sfruttata solo in quei momenti più assurdi per puntare sull’effetto nostalgia per toccare maggiormente il cuore. Questo aspetto è ancora una volta il desiderio di dare il massimo rispetto agli abitanti di Palmi e tutti quelli di un paesino del sud e farli passare come persone reali, piene di sentimenti e multisfaccettati e non semplici macchiette di loro stessi.
Il film è troppo lungo e certi meccanismi anche se simpatici o di presa emotiva perdono il loro effetto lungo le due ore di durata della pellicola. Il ritmo tende a perdersi pian piano e per un prodotto di questo tipo che parla di sentimenti semplici tramite un percorso diretto senza esagerazioni o storyline secondarie, c’era la necessità di mantenere un passo veloce e una forza narrativa sostenuta per aumentare l’empatia e quindi la presa sul pubblico. Inoltre a livello puramente sportivo possiamo dire che la regia durante le partite non è tra le migliori mai viste anzi c’è una certa imprecisione di messa in scena e manca anche una certa incisività di alcuni discorsi più seri che vengono solo accennati e lasciati in sospeso. Questi ultimi sono aspetti legati alla forma e alle intenzioni e tutto sommato potrebbero anche essere visti come mancanze del tutto trascurabili a fronte di altri aspetti molto meglio riusciti. Al netto di quello che è stato detto prima, l’aspetto che forse risulta essere il pregio maggiore del film e del punto di vista dei due registi è il voler rispettare la vita di paese del Sud Italia con tutte le sue caratteristiche per quanto variopinte e colorate siano anche andando a far notare questi limiti piuttosto che usare tali aspetti per fare ridere ad ogni costo e nella maniera più sguaiata e rumorosa possibile.
Andrea Arcuri