Un tema delicato come l’adozione di un figlio letto attraverso la lente del surreale e della comicità più irriverente. Una giovane coppia attende, con ansia ma anche un pizzico di nervosismo, l’arrivo del funzionario che dovrà stilare un rapporto di idoneità per procedere con l’iter burocratico che consentirà loro di diventare finalmente genitori. Il giorno scelto, però, sarà anche quello meno indicato per fare una buona impressione. Un giorno che andrà sprecato anche se non proprio fino in fondo perché tutto è bene quel che finisce bene. Il ritmo indiavolato della commedia, le gags che si susseguono a spron battuto, i dialoghi paradossali fra i personaggi sono una carrellata di luoghi comuni portati all’ eccesso e all’estremo. La coppia ha uno zio con precedenti penali, un cugino che ha strambe idee. Gestiscono insieme una galleria d’arte e si barcamenano fra la voglia di normalità e l’essere al centro di una famiglia particolare. Un pezzo di comicità teatrale con un ricco potenziale ma che finisce per risultare caotico ed eccessivo. Un calderone in cui confluisce un po’ di tutto e si ha la sensazione che ci sia troppa carne al fuoco. Una commedia degli equivoci con tanti doppi sensi che cela anche una meravigliosa sorpresa finale.
In “Che disastro di famiglia” si ride, anche se spesso in modo grossolano, a battute che sono il più delle volte un po’ troppo poco politicamente corrette, giocando con insistenza su stereotipi collaudati e ripetuti.
L’ omosessualità, l’ arte contemporanea incomprensibile, la prostituzione maschile, l’immigrazione clandestina, il contrabbando e chi più ne ha più ne metta. Una commedia brillante, con più di una idea originale, ma che ha anche qualche lato opaco e poco centrato.
Virna Castiglioni per Global Story Telling