” September 5 ” – Recensione. al Cinema dal 13 Febbraio 2025.

8 Feb, 2025

Ambientato durante le Olimpiadi di Monaco del 1972, il film ripercorre la trasformazione improvvisa del team di ABC Sports, passato da una tranquilla copertura sportiva alla cronaca in tempo reale del sequestro degli atleti israeliani da parte di un gruppo terroristico. Al centro della storia c’è Geoff, un giovane produttore deciso a farsi strada sotto la guida del leggendario Roone Arledge. Con l’aiuto di Marianne, interprete tedesca, e del suo mentore Marvin Bader, il team si muove tra le sfide tecniche e le scelte morali di una diretta che ha segnato la storia della televisione.
.
Siamo di fronte ad un elogio al giornalismo, quello più serio che porta con sé inevitabili scelte morali prima ancora di decisioni a livello tecnico riguardo la messa in onda. Il ritmo serrato nell’affrontare tutte le difficoltà di andare in diretta con mezzi limitati, ricerca di materiale utile e persona da infiltrare all’interno del villaggio olimpico è quel motore che tiene incollato il pubblico per tutto il tempo senza perdere mai la presa a livello di intrattenimento. Allo stesso tempo, lungo il racconto sono presenti un buon numero di momenti in cui il team di giornalisti e quindi anche il pubblico viene chiamato a fare delle scelte riguardo i limiti che si possono superare o meno in una situazione del genere.

.

Intenso thriller che nei suoi 94 minuti mantiene la tensione a livelli altissimi e proprio la sua corta durata ne è un fattore vincente che ne aumenta la portata. La difficoltà stava proprio nel concentrare tutta la storia all’interno degli studi di registrazione dove l’unico legame con il mondo esterno sono i filmati che venivano presi e messi in onda. Questa è una chiara scelta tecnica ed estetica perché si poteva ovviamente ambientare molte scene nel cuore dell’azione invece il film tiene fede in modo coerente al suo intento di trasmettere un determinato punto di vista cioè quello di chi cerca di fare il proprio lavoro ma si trova limitato e tutta la tensione che ne consegue. 

L’unica pecca che gli si potrebbe attribuire è proprio questa sua mono dimensione nel raccontare i fatti. Questo però è un limite dello spettatore che vuole avere il controllo e la conoscenza di ogni aspetto abituato ad un punto di vista facile e onnisciente. Ancora una volta è bene ricordare che il punto centrale non sono i fatti (che tutto sommato sono di dominio pubblico e raccontati anche in altri film) bensì come le notizie sono state gestite, cos’è la responsabilità giornalistica e la continua rincorsa all’intrattenimento a scapito della ricerca della verità. Tra i vari dilemmi ecco che viene fuori anche quello legato a chi davvero fa la storia se i fatti o come vengono esposti.  

 

 

Andrea Arcuri