” Conversazioni con Altre Donne ” – Recensione. Disponibile su Paramount+ .

1 Feb, 2025

Due ex-coniugi, che non si vedono né si sentono da nove anni, si ritrovano per caso ad un matrimonio. Un brindisi insieme è la scusa per rompere il ghiaccio, dando così il via a dialoghi e battute, capendo di essere ancora complici, nonostante siano entrambi sentimentalmente impegnati. Decidono così di trascorrere ore di passione in camera insieme e scopriranno che la fiamma della passione è ancora accesa…

Uno dei punti di forza del film, diretto nella versione italiana da Filippo Conz al suo esordio al lungometraggio, sta in una scrittura che cerca di enfatizzare sebbene in modo schematico la psiche sia maschile e sia femminile. In tal senso la scelta del cast è un altro punto a favore del film, proprio perché i due protagonisti sono chiamati ad interpretare archetipico e possiamo dire che sia Francesco Scianna e sia Valentina Lodovini, reggono molto bene i loro personaggi. Il film infatti si basa molto sulle prove attoriali oltre a dialoghi volutamente ricercati, pungenti e pieno di significati nascosti. Il contorno inteso come scenografia è molto scarno, ridotto al minimo e la narrazione volutamente teatrale.

La regia di Conz si mette completamente al servizio della storia e dei suoi interpreti, e senza dare un proprio stampo estetico se non piccole divagazioni di controcampo e dialoghi fuori sincrono. Appunto le parole, che dovevano essere il punto di forza, a volte vagano e perdono di forza risultando non sempre convincenti perché in alcune occasioni troppo schematiche. 

A volte il film sembra prendere strane più impulsive e realistiche in situazioni del genere ma poi sembra voler recuperare terreno e si adatta nuovamente al suo spunto teatrale con situazioni e dialoghi che devono seguire un certo standard nel rispettare la fonte da cui è tratta. 

La storia che si vuole portare avanti tra contrasti di genere risulta purtroppo algida, fredda e troppo controllata quindi meno coinvolgente di quanto si poteva desiderare perché gli manca la passione, la ruvidezza o ad esempio quelle vere parole sbagliate che in questi casi si dice ferendo anche volutamente l’altra persona. Invece c’è sempre garbo, la parola giusta al momento preciso, non detti che rimangono in bilico e una passione mai davvero consumata perché anche la scena di sesso viene resa con fare languido, classico e fintamente romantico.

Lungo la visione i due amanti ritrovati si scambiano spesso sguardi lunghi pieni di domande senza voler davvero rispondere e anche noi pubblico ci ritroviamo a guardarci l’un l’altro chiedendoci perché ci si ostina a frenare le passioni e regalarci l’ennesimo film preciso pieno di belle frasi di circostanza e poco di più.

Tornare poi a quel senso drammatico a tutti i costi dona al film maggior controllo e quindi sicurezza nel voler stare in certi canoni ma gli fà perdere quella spontaneità che aveva costituito il suo elemento più affascinante. 

Andrea Arcuri