Io sfaterei subito il luogo comune che il genere #giallo e derivati sia da leggere solo in vacanza o nei mesi estivi. E’ invece qualcosa che va bene per tutte le stagioni. Se poi è fatto pure bene tanto meglio.
Qui, oltre alle classiche componenti che si possono immaginare, si aggiunge l’ingrediente della psicanalisi, ma non dico apposta in che modo venga coniugato per non rovinare la lettura di tutto il plot.
Per chi è appassionato, Musso è una garanzia (io ero rimasto favorevolmente colpito dal suo “Central Park”, unico libro suo che ho letto) perché non sbaglia un colpo. Esistono quegli autori che hanno imparato la #lezioncina e sono capaci di creare un prodotto artificiale dove gli elementi sono inseriti con #mestiere e senza talento. Ecco, Musso #NON_È assolutamente appartenente a questa categoria. Le storie che crea lo scrittore francese hanno una struttura articolata che tiene viva l’attenzione. Lo so, non faccio testo, ma “Qualcun altro” mi è volato via in un giorno e mezzo, questo per far capire come ci sia stata attenzione nel rendere fluida la scrittura, cadenzandola di piccoli e grandi colpi di scena.
Per chi legge, un altro aspetto che avvicina ancora di più è il fatto di caratterizzare chi investiga di una doppia dimensione, sia pubblica sia personale. Se c’è una particolare cura nell’illustrare la fase degli interrogatori, con particolare rilievo verso il #coté psicologico che crea bagarre tra le strategie di chi interroga e di chi si difende, si osserva il lato umano della comandante di polizia, alle prese con problemi esistenziali legati al suo microuniverso.
Ovviamente, in un libro come questo, è bello vedere dove la penna dell’autore finisca per portarti, quali strade ti faccia percorrere, quali ipotesi ti faccia formulare per poi capire alla fine che eri del tutto fuori strada.
“Qualcun altro” possiede poi quel titolo che già di suo è affascinante e che, ancora prima di leggere la prima pagina, ti porta a mescolare le idee per trovare il suo significato.
A proposito della struttura, qui c’è il classico alternarsi di presente e rievocazione del passato, utile a comprendere il perché quel presente è così. Ma si aggiunge un #terzo_luogo, nel quale l’autore prepara in progress il suo ordigno narrativo.
Insomma, non si può dirne che bene.
Enrico Redaelli per Globalstorytelling