” Iddu ” – Recensione in Anteprima. Al cinema dal 10 Ottobre 2024

28 Set, 2024

Dopo alcuni anni in prigione per mafia, Catello, politico di lungo corso, ha perso tutto. Quando i Servizi Segreti italiani gli chiedono aiuto per catturare il suo figlioccio Matteo, ultimo grande latitante di mafia in circolazione, Catello coglie l’occasione per rimettersi in gioco e dà vita a un unico quanto improbabile scambio epistolare con il latitante, del cui vuoto emotivo cerca d’approfittare. Un azzardo che con uno dei criminali più ricercati al mondo comporta un certo rischio…

La storia viene presa, con alcune licenze poetiche dalla latitanza di Matteo Messina Denaro anche se il personaggio non viene mai chiamato per cognome. Il personaggio, interpretato da Elio Germano, passa le sue giornate sepolto in un rifugio lontano da tutti e tranne tramite alcuni flashback, interagisce con gli altri attraverso lo scambio di “pizzini”. Il suo interlocutore privilegiato diventa Catello (Toni Servillo) che torna dal carcere ma che si ritrova a vivere una vita ormai non più sua, la moglie continua a ripetergli che ormai è “un ex in tutto” ma lui non si dà per vinto e per rinascere punta sul rapporto di Matteo col defunto padre per ricevere i favori nel costruire un lussuoso albergo. Il fatto poi che Catello stia segretamente lavorando per le autorità nel tentativo di incastrare Matteo è un dettaglio da una parte importante ai fini narrativi ma certo non il punto centrale nell’interesse nel vedere il film.

Per una volta viviamo un racconto di mafia, boss e attività illecite non nella sua forma più violente ed estrosa bensì nella sua componente più tragica, teatrale e sommessa. Non a caso si nomina Shakespeare, Matteo ha il ruolo del re tragico lontano dal suo regno mentre Catello quello del giullare di corte costretto a fare buon viso a tutto e tutti. La tragedia è sempre dietro l’angolo ma i toni sono grotteschi, onirici e mai gridati. 

La scelta di dare al pubblico un lungometraggio asciutto e privo di qualsiasi esagerazione estetica o narrativa è funzionale alla ricerca di qualcosa che riporti in scena uno spaccato di storia nella sua forma più sincera e pura e sebbene possa mancare di qualche elemento di maggior intrattenimento (magari puntare leggermente di più sull’ironia ma qui si parla i gusti personali) si riesce a dare maggior eleganza alla storia e far risaltare i suoi toni drammaturgici. 

Certo poi che usare un tono teatrale può mettere a rischio certe tematiche e certi discorsi per un pubblico poco avvezzo a tale stile. Una mezz’ora in meno avrebbe aiutato tantissimo a rendere più incisivi certi spunti a volte troppo ripetuti, allungati che diventano classici spiegoni. Inoltre ne rimane ai margini in particolare quello che viene accennato troppo poco cioè il ruolo delle istituzioni relegato solo ad un discorso del tenente Schiavon nel finale. E’ inevitabile che avendo due attori così importanti e magnetici come Elio Germano e Toni Servillo, il film si basi proprio sulle loro interpretazioni peccato poi che viene dato molto spazio ad un legame forte che dovrebbe instaurarsi a un certo punto tra Catello e la detective Rita (Daniela Marra) ma che proprio non funziona. Si punta troppo su questo personaggio che sembra avere la funzione di far dare importanza ad una donna in un film di soli uomini quando altri comprimari, ben più interessanti, vengono lasciati totalmente sul fondo. 

Andrea Arcuri