Un giorno Zeus, il re degli dei, si sveglia con una ruga in fronte. Diventa nevrotico e imbocca una strada pericolosa lastricata di paranoie, convincendosi che sia l’inizio della sua caduta. Ade, re degli inferi, che era un tempo il fratello affidabile di Zeus, comincia a perdere il controllo del suo regno mentre Dioniso, il figlio ribelle di Zeus, ha perso tutti i freni ed è in rotta di collisione con il padre. Sulla Terra la gente vuole cambiamenti, ma Poseidone, che regna sui mari, si preoccupa più della stazza del suo yacht che il bene dei mortali. Purtroppo per gli dei, alcuni di questi mortali cominciano a rendersene conto…
A volte dietro a uno spunto tanto particolare si cela una scrittura pigra che basa tutto sul suo incipit e particolarità, per fortuna ” Kaos ” dimostra un’ottima scrittura creando da subito un’ottima base che riesce a districarsi molto bene lungo gli episodi con punte di interesse molto alto anche lungo le varie modifiche. I miti del passato vengono rivisitati, resi attuali e con aggiunte interessanti sia in piccoli dettagli estetici sia nei tratti caratteriali dei vari personaggi.
Si parla di profezie, ognuno ha la sua e i vari meccanismi tenuti insieme da un Prometeo, costretto da Zeus a rimanere incatenato a una roccia e subire l’eterno supplizio di un’aquila che si nutre del suo fegato, che rompe la quarta parete e incastra ogni tematica e ogni storyline unendo così i vari destini.
Si crea il giusto mix di ritmo negli otto episodi che compongono lo show ma soprattutto ci appassioniamo dei personaggi con piacere che sia il nevrotico Jeff Goldblum nel ruolo di Zeus, Aurora Perrineau innamorata e spaesata Euridice nel mondo dei morti, Leila Farzad nel ruolo di Ari che pian piano prende coscienza di sé e diventa importante, Janet McTeer eleganza e manipolatrice Era. Lenecarli tutti sarebbe impossibile, basta dire che sono tutti molto bravi e ognuno possiede un suo specifico percorso facile da seguire ma pieno di insidie e di percorsi emotivi ben resi.
Il tutto viene raccontato con un humour nero preciso e calcolato, infatti alle spalle c’è Charlie Covell che per Netflix aveva già realizzato “The End of the F***ing World”, quindi il sarcasmo costante è plausibile e al punto giusto. Si rimane piacevolmente sorpresi proprio dal fatto che sebbene la serie parta più leggera per poi diventare sempre più profonda, quel senso di ironia è costante fino all’ultimo minuto e questo ne garantisce un livello che non sfocia mai nello stucchevole o nel pesante.
Andrea Arcuri