Baba – Mohamed Maalel. Recensione

5 Lug, 2024

Baba. Inutile dire che si tratta di una traduzione di #papà.

Il libro non è recentissimo, ma ancora adesso, a distanza di un anno dalla sua pubblicazione, sa ancora creare dibattito intorno a quanto racconta.

Maalel si trova nella condizione di essere figlio di padre tunisino e madre italiana. Questa sorta di romanzo/autobiografia di formazione potrebbe parere ai #superficiali un’occasione per rendere edotto il pubblico italiano di certi usi e costumi legati al nord Africa o di cosa voglia dire essere musulmani.

Occorre guardare un po’ più in là perché Maalel approda molto oltre, preoccupandosi anche di toccare l’aspetto dell’integrazione in andata e in ritorno. Non si tratta solo di trovare la maniera di essere accettati da una comunità che non è la propria (andata); bisogna anche fare in modo di adeguare gli #stimoli_occidentali al credo africano (ritorno) e farglieli accettare, operazione assolutamente difficile.

La criticità maggiore risiede soprattutto nel #papà di Mohamed che vede tutti questi influssi esterni come strumenti e armi capaci di togliere alla sua famiglia le basi, le radici della propria natura.

Oltre al fattore #universale, c’è pure quello #particolare relativo ai metodi educativi usati dall’adulto nei confronti del figlio ma pure nel suo essere spigoloso (ah! Che eufemismo) nelle interrelazioni con il resto della famiglia. Tutto questo crea altra materia narrativa nella quale è riscontrabile da parte dell’autore un sentimento ambivalente nei confronti della figura paterna. Si alternano episodi nei quali il nostro eroe subisce vessazioni dal mondo ma ancora di più dal suo Baba, ad intermezzi tra un capitolo e l’altro dove questo astio maturato nel tempo ha cambiato sembianze.

In tal senso è possibile vedere come Maalel abbia costruito una perfetta parabola di questo suo genitore, dove l’affetto verso di lui è comunque sopravvissuto.

Se avete perso un genitore (o, peggio, se lo state perdendo), “Baba” potrebbe darvi qualche risposta per elaborare il lutto.

 

Enrico Redaelli per Globalstorytelling