Barbara Kingsolver – ” Demon Copperhead “. Recensione

2 Feb, 2024

Mi era partito bene, con un pre-adolescente che mi ricordava il Danny di “Beautiful music” di Michael Zadoorian, per il fatto di essere come lui #genitore della propria madre con una maturità e una verve assolutamente coinvolgenti. Mi appassionava questa storia di formazione che si dipanava attraverso particolari dinamiche che intercorrevano tra gli stessi ragazzi e tra questi ultimi e gli adulti.

E mi dicevo che finalmente facevo #pace con i premi pulitzer o con quei libri premiati da riconoscimenti internazionali di rilievo…

E invece…

Più andavo avanti, più mi sembrava che il libro non finisse e che il leggere facesse crescere in progressione geometrica il numero dei capitoli che mancavano alla conclusione. Per cui alla fine mi sembrava che addirittura la storia non volesse andare avanti nemmeno di un passo.

Le problematiche esposte dal plot non erano cose di poco conto. Una su tutte è l’affido familiare che non sempre viene praticato con la massima onestà dalle famiglie che accolgono. La trattazione di tutto questo è indiscutibilmente credibile e verosimile fino a sottolineare come certe mancanze, certi buchi di genitorialità abbiano poi segnato la vita del protagonista. Nulla da dire in questo senso.

Anche alcune figure presenti all’interno del romanzo sono costruite con molta attenzione risultando diversificate e dai contorni ben marcati, sia per quanto riguarda i giovani sia per quanto riguarda gli adulti.

Mi suona strano dire che il fattore non funzionante del testo sia stata la #lunghezza, anche se a rifletterci bene si potrebbe dire che all’interno di “Demon” c’è davvero fin troppa materia narrativa.

Forse la presenza di questa #troppaggine potrebbe far pensare ad un libro scritto con formule decise a tavolino, scovate apposta per creare il best seller

E’ vero, non c’è nessun ammiccamento da parte dell’autrice e la denuncia è profonda, come lo è anche la ferita che lascia. C’è invece il voler alludere al fatto che Demon vorrebbe essere il David Copperfield del ventunesimo secolo: se ne fa cenno tra le righe della vicenda, se ne parla in modo diretto nei ringraziamenti finali. Le iniziali sono comunque quelle.

Non so quanto le mie illazioni abbiano reale fondamento. Rimane che ne esco un po’ provato proprio perché secondo me il libro necessitava di una sintesi.

Enrico Redaelli per GlobalStorytelling