Portare in scena uno spettacolo musicale con i cavalli di battaglia dei Queen, potrebbe sembrare un atto di alta presunzione. Molti sanno come la voce di Freddy Mercury sia stata assolutamente speciale e unica nel suo genere e già questo aspetto dovrebbe smontare qualsiasi velleità di rappresentazione, in quanto criticità da non trascurare.
E invece…
“We will rock you” presenta arrangiamenti che sembrano quelli originali. Nel corso dello show, voci maschili e femminili si alternano a cantare questo o quel pezzo del gruppo. Ecco, forse il canovaccio che contestualizza la successione delle canzoni assume caratteristiche un po’ pretestuose: in un futuro distopico, dove è vietato e bandito fare musica con gli strumenti, un gruppo di persone si ribella facendo circolare clandestinamente frammenti di testi e di musiche del glorioso passato della musica rock.
Lo spettacolo è imponente, sia dal punto di vista scenografico, sia da quello coreografico. Soprattutto i balletti hanno contrappuntato i diversi momenti della messinscena, impegnando chiunque fosse sul palco ad essere contemporaneamente ballerino, cantante, attore.
“We will rock you” rimane comunque un’opera in crescendo. La regia ha giustamente pensato bene a lasciare per ultimi i brani più significativi del gruppo (a dirla bene lo sarebbero un po’ tutti, ndr): alla prima dello scorso due febbraio questi hanno fatto il botto facendo ‘crollare’ il teatro, coinvolgendo tutto il pubblico, che in più di un’occasione si è messo a cantare o ha fatto momentanee standing ovation per qualche specifico motivo.
Tornando a parlare delle voci, in generale sono state tutte di livello. Anche i duetti sono stati particolari perché si è creata un’amalgama di voci seppure la natura di queste non permetteva un facile mix.
Entrando più nello specifico, vorrei segnalare Martha Rossi nella parte di Scaramouche , che nel corso dello spettacolo si cimenta più volte nel canto, a solo o in compagnia, con risultati di qualità anche se talvolta risultano un tantino stereotipati. Si staglia dal gruppo anche Natascia Fonzetti nella parte di Killer Queen, dotata di una voce veramente potente, capace di raggiungere importanti vette. Non dico che gli altri attori non lo abbiano fatto, ma lei, secondo me, ha dato dimostrazione di essersi veramente divertita senza farsi impacciare dalla pesantezza dei costumi indossati o dalla parrucca di scena.
Per ultimo vorrei tenere il protagonista Damiano Borgi che interpreta Galileo (dice niente questo nome, parlando dei Queen?). L’artista si è dimostrato davvero eclettico e sfaccettato in quanto ha recitato, ballato e cantato a volte facendo tutte e tre le cose insieme.
Freddy Mercury è inarrivabile, l’ho già detto, ma Borgi ha offerto un’interpretazione molto personale dei testi e, con difficili svasature nel canto, assolutamente apprezzabili. Dopo quasi tre ore di spettacolo la sua voce non sembrava nemmeno un po’ stanca…
Abbandonerete il teatro ancora con i brividi e forse con qualche lacrima.
Io vi ho avvertito…
Enrico Redaelli per GlobalStoryTelling